Io non lo posso nemmeno immaginare il dolore di quella mamma che, in ospedale, si è addormentata mentre allattava il suo bimbo appena nato, soffocandolo.
So solo che leggendo quella notizia, come moltissime altre donne, con un nodo alla gola ho pensato: “potevo benissimo essere io”.
Potevo essere io, perché dopo 14 estenuanti ore di travaglio, dopo aver provato un dolore che non ho mai immaginato di poter provare, dopo due giorni passati senza dormire, semplicemente non rispondevo di me. Dunque quella donna potevo benissimo essere io.
Ricordo di infermiere che, quando finalmente io e il mio bimbo, 12 ore dopo il parto, siamo riusciti ad addormentarci, passavano a svegliarmi ogni 2 ore, per chiedermi se lo avessi allattato.
Quando chiesi di non essere svegliata mentre dormivo, mi dissero che dovevo abituarmi e che le mie notti d’ora in poi sarebbero state così: scandite da continui risvegli.
Ricordo che il mattino seguente, completamente sfatta, chiesi di poterlo lasciare al nido, il tempo di farmi una doccia (non ero ancora riuscita a lavarmi da dopo il parto): presero il mio bimbo con riluttanza e dieci minuti dopo vennero a bussarmi alla porta del bagno, dicendo che piangeva e che dovevo attaccarlo. La prima vera doccia dopo essere diventata mamma riuscii a farla solo tre giorni dopo, una volta a casa.
Marco ovviamente non poteva assistermi, per via delle rigidissime norme anti COVID. Avrei avuto bisogno di lui, psicologicamente, ma anche perché avevo disperatamente bisogno di una mano, di qualcuno che mi desse il cambio, che mi permettesse di ripulirmi, di riposarmi. Lo rividi solo 3 giorni dopo, per le dimissioni.
Di quei primi giorni ho un ricordo orribile. La sensazione di inadeguatezza, di stanchezza e di profonda solitudine. Stavo affrontando il più grande dei cambiamenti ed ero sola. Per questo ho la consapevolezza che se non è successo a me, se quella donna non sono io, è solo perché il caso ha voluto che io sia stata più fortunata.
Ma la narrazione della maternità deve cambiare. Il racconto edulcorato che vede la madre come un essere mitologico naturalmente votato all’accudimento, senza bisogni né necessità di sorta è falso ed estremamente pericoloso, sia per la mamma che per il bimbo.
“Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, dice un proverbio africano. Invece, per la società in cui viviamo, sembra che sia sufficiente una mamma. Finché non crolla.