“Partire è un po’ come morire”, recita la poesia.
Che poi chi non è mai rimasto un po’ perplesso ascoltando queste parole? In fondo, si tratta di due concetti davvero distanti tra loro. Partire è sinonimo di movimento, di nuovi inizi, nuove abitudini, nuovi incontri. Nulla a che vedere con l’immobilità della morte, non scherziamo!
E poi… Poi il giorno della partenza si avvicina. Non sembra più una data così lontana: all’improvviso ti accorgi che il futuro si è avvicinato inesorabile e lentamente sta diventando presente. Così cominciano le ultime volte. L’ultima lista delle cose da fare. L’ultimo appuntamento dal parrucchiere. L’ultimo controllo medico. L’ultimo saluto a quell’amico. E così via.
Inizi a sistemare tutti gli oggetti intorno a te, a mettere ogni cosa al proprio posto. Ti adoperi per fare in modo che ciò che per te ha un valore possa sopravvivere al meglio alla tua assenza. In alcuni casi, cerchi persino qualcuno che possa occuparsi di alcune incombenze al posto tuo.
Infine (e forse questo a qualcuno dispiacerà!), ti rendi conto che nonostante tutto quel mondo, il tuo mondo, continuerà benissimo ad andare avanti anche senza di te. E forse il filo conduttore tra questi due concetti apparentemente così lontani, in fondo, sta tutto qui.
E dunque parti.
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