La parola “partire” deriva dal latino e significa, letteralmente “dividere in parti, separarsi”.
Sarà per questo che quando ci prepariamo per un viaggio ci sentiamo, in un certo senso, lacerati, divisi? In fondo stiamo dividendo noi stessi, segnando un confine che separa il flusso delle nostre giornate. Stiamo tracciando un prima e un dopo.
Nel prima è racchiuso tutto ciò che è conosciuto: il nostro quotidiano, le nostre abitudini, luoghi e persone a noi note.
Il dopo, invece, è dominio del dubbio, dell’incertezza. Infatti, per quanto io possa documentarmi, non potrò mai sapere con esattezza cosa troverò dall’altra parte.
In nessuna guida troverò l’elenco delle persone che incrocerò lungo il mio cammino o delle difficoltà impreviste a cui dovrò far fronte. In nessuna mappa troverò l’itinerario migliore per me.
Raccogliendo le varie informazioni preliminari alla partenza, non potrò fare altro che previsioni e preventivi. Ma questo non è altro che un calcolo delle probabilità: si tireranno le somme solo strada facendo.
Quello che non conosciamo spesso ci spaventa. Siamo pur sempre animali: abbiamo bisogno di fiutare ciò che ci è sconosciuto prima di abbassare la guardia.
Eppure è interessante notare come, in un contesto estraneo, paradossalmente la prima incognita siamo noi. Non sappiamo, infatti, come reagiremo una volta posti in una situazione nuova. Non sappiamo se saremo in grado di affrontarla nel migliore dei modi. Non sappiamo se la novità ci coglierà impreparati, se dovremo attingere a risorse nuove. Se saremo abbastanza adattabili, abbastanza veloci, abbastanza prudenti o intraprendenti.
Non lo sappiamo, perché in quella data situazione non ci siamo mai trovati e saremo inevitabilmente obbligati ad improvvisare. Potremmo scoprire degli aspetti di noi stessi di cui non eravamo a conoscenza. Potremmo scoprirci fragili, vulnerabili.
E allora sì, ecco che partire non è nient’altro che dividersi in parti. Partire significa distruggere il monolite dell’immagine che conserviamo di noi stessi. Significa accettare di sgretolarci in tanti pezzettini, per ricostruirci in maniera nuova, dopo ogni chilometro, ogni incontro, ogni imprevisto.
E ci vuole coraggio, altroché! Ma forse, pensandoci bene, ce ne vorrebbe di più nello scegliere di rimanere immobili. Perché non siamo fatti per essere sempre uguali a noi stessi: il cambiamento è per noi ossigeno e linfa vitale.
Dunque apriamo la porta e partiamo, qualunque sia la nostra definizione di viaggio.