Un anno fa, a quest’ora, arrivavamo a Caponord con alle spalle 20 giorni e quasi 4000 km di viaggio. Altrettanti km erano lì, di fronte a noi, da macinare in due settimane al massimo: Eleonora si avviava a finire il suo congedo di maternità e l’aspettava il rientro al lavoro entro il 1º settembre, data inderogabile. Con noi c’era un bimbo di sei mesi che ha iniziato lo svezzamento in Germania e gustato i primi (costosissimi) brodini in Norvegia, passando per il rodaggio del seggiolone negli Ikea svedesi.
Di quel primo viaggio insieme ci restano ricordi indelebili: paesaggi mozzafiato contornati da fiordi a picco sul mare, tramonti interminabili e notti che non erano altro che lunghi crepuscoli. Eppure, al termine di quella splendida prima avventura in tre, eravamo consapevoli che ci era mancato qualcosa: il tempo. Il tempo di assaporare ogni momento, di decidere di fermarsi più a lungo in un posto o di allungare l’itinerario all’ultimo momento solo per il gusto di scoprire un angolino di mondo in più.
Purtroppo avevamo una data di scadenza e una tabella di marcia piuttosto severa e questo ha inevitabilmente accorciato il nostro viaggio e le nostre aspettative. Al tempo stesso, però, ha rafforzato in noi la voglia di vivere in maniera diversa: più lenta, senza scadenze o rientri obbligati e, soprattutto, insieme. Perché, in fondo, cosa possediamo di più prezioso del tempo?
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